Fra le specie ematofaghe che parassitano l’uomo ed altri animali, ricordiamo la sottofamiglia delle Triatominae, ospiti intermedi e vettori di Tripanosoma cruzi, agente eziologico della malattia di Chagas; citiamo ad esempio Tryatoma infenstans e T. dimidiata (America latina), T. rubrofasciata (tutta la fascia tropicale). La cimice può infettarsi attraverso il pasto ematico su ospite infetto , ed in tal caso i principali reservoir sono animali domestici o strettamente legati a tali ambienti, come cani, gatti, topi etc.. Altri reservoir sono mammiferi di boscaglia e foresta, come opossum e mustelidi. Anche l’uomo in un certo senso può fungere da reservoir, anche se nell’essere umano la parassitosi non permane tutta la vita. Un’altra via d’infezione per la cimice è data da comportamenti volti al cannibalismo o alla coprofagia. Il parassita può anche essere trasmesso senza l’intervento della cimice, è il caso della trasmissione per via trasfusionale o per via transplacentare. Normalmente però la circolazione del parassita richiede la presenza del reduvide, che resta infetto per tutto il suo ciclo vitale (il parassita è apatogeno per la cimice), e se l’infezione è avvenuta in stadi preimmaginali si ha trasmissione del parassita ai successivi stadi. Nell’ospite infetto gli amastigoti subiscono diverse divisioni e danno origine ai tripomastigoti, i quali arrivano all’intestino medio dove si trasformano in epimastigoti, che a loro volta si moltiplicano originando tripomastigoti metaciclici, ossia la forma infestante; questi non possono oltrepassare la parete intestinale (quindi la cimice resta infetta per sempre) e vengono espulsi con le feci penetrando nel nuovo ospite grazie a soluzioni di continuità della cute. A questo punto i tripomastigoti entrano nei macrofagi e maturano in amastigoti nei tessuti muscolari (in particolare a livello delle fibre muscolari cardiache), dove si osservano microformazioni pseudo cistiche allungate, all’interno delle quali gli amastigoti si dividono per scissione binaria determinando la formazione di tripomastigoti circolanti, i quali rompono il macrofago e iniziano a circolare nel torrente ematico (nel sangue non c’è moltiplicazione) e così prosegue il ciclo. Generalmente l’infezione viene contratta durante l’infanzia e, dopo circa 4-5 giorni dalla puntura inizia la fase acuta (si manifesta più spesso nei bambini, o può passare inosservata) la cui durata è variabile (circa 1 mese); proprio in tale frangente l’uomo, in zone endemiche, assume un importante ruolo nella trasmissione della malattia, in quanto può fungere da reservoir per il parassita e poi perché può trasmetterlo attraverso donazioni di sangue (in alcune zone del Brasile sembra che quasi il 30% dei donatori sia infetto). Il problema legato a questa parassitosi è piuttosto rilevante, in quanto più di 200 milioni di persone dall’Argentina al Messico sono infette, e circa il 10% sviluppa una cardiopatia chagasica cronica.


Sintomi

  • Chagoma: è un nodulo eritematoso che si forma nel punto di inserzione del rostro nella cute, e segna il punto da cui parte la disseminazione linfatica del protozoo. Compare generalmente in fase acuta
  • Segno di Romaña (se la porta di ingresso è la congiuntiva): edema bipalpebrale monolaterale, indolore, con linfoadenopatie periauricolari
  • Epato e splenomegalia
  • Febbre (fino a 39°)
  • Cefalea
  • Mialgia e malessere generale
  • Eritemi
  • Insonnia
  • Linfoadenopatie generalizzate

Il periodo di incubazione varia a seconda di come si è venuti a contatto col protozoo: ad esempio nel caso di trasmissione vettoriale si parla di circa 1 settimana, mentre nel caso di trasmissione attraverso una trasfusione, essendo i tripanosomi circolanti meno infettanti rispetto alle forme meta cicliche presenti nell’insetto, il periodo di incubazione è decisamente più lungo, e si parla di circa 20-40 giorni. La forma acuta è raramente letale, e i decessi si verificano per lo più negli immunodepressi, spesso per la comparsa di meningoencefalite diffusa, o per lesioni neurologiche ascessuali, o per cardiopatia fulminante. Esistono però delle zone del sud del Brasile in cui sono diffusi ceppi meno virulenti, che danno talvolta infezioni asintomatiche. Le microformazioni di amastigoti si localizzano a livello delle fibre muscolari del miocardio e nelle fibre conduttrici atrioventricolari, e gli antigeni che si liberano causano una miocardite interstiziale secondaria (dovuta a processi autoimmuni). In pratica il T. cruzi causa nell’ospite disturbi dell’immunoregolazione che portano, già in fase acuta, alla distruzione dei gangli del sistema nervoso autonomo, determinando poi in fase cronica problemi al cuore, al colon, all’esofago, etc… Dopo la fase acuta subentra quella detta indeterminata che può durare diversi anni, e che viene poi seguita dalla cronicizzazione, in cui l’individuo è infetto ma i tripanosomi nel sangue sono estremamente scarsi. In pratica oltre al normale processo di invecchiamento dei gangli, che porta ad una fisiologica diminuzione degli stessi, la malattia di chagas causa una ulteriore distruzione dei gangli. Nell’80% dei casi attorno ai 30 anni si assiste all’insorgenza di una cardiopatia aspecifica, con cardiomegalia, insufficienza cardiaca e disturbi del ritmo. All’ECG si osservano tachicardia sinusale, allungamento del tratto P-R, sottoslivellamento del tratto ST (segno di sofferenza cardiaca), inversione dell’onda T e allungamento del tratto QT. La morte può sopraggiungere improvvisamente per fibrillazione ventricolare in soggetti che non hanno mai avuto segni di cardiopatia. In zone endemiche sono frequenti i casi di megacolon e megaesofago. La guarigione spontanea è rara, e gli individui restano sieropositivi e infetti.


Cardiopatia chagasica

Colpisce circa il 30% dei soggetti infetti, soprattutto di sesso maschile, ed è la forma determinata più frequente. Si osserva un progressivo deterioramento del tessuto miocardico che porta ad insufficienza di pompa, prevalentemente insufficienza del cuore destro e conseguente prevalere di manifestazioni congestizie, con dispnea da sforzo, edemi, ascite, dolore toracico. Le complicanze più frequenti sono: embolia polmonare, aritmie (spesso fatali)come bradicardia, blocchi di branca, fibrillazione atriale, tachicardia ventricolare, tutte associate ai danni al tessuto di conduzione.


Malattia chagasica digestiva cronica

Per lo più colpisce l’esofago causando megaesofago, che si manifesta con disfagia, odinofagia, rigurgito, singhiozzo continuo, tosse stizzosa, dolore toracico e addominale. Il tutto può facilmente portare a problemi legati alla malnutrizione (per la difficoltà ad alimentarsi) o a ricorrenti polmoniti ab ingestis che possono rivelarsi letali.


Diagnosi

In fase acuta si eseguono esami ematochimici per la ricerca del tripanosoma solo a soggetti per cui si sospetta un contatto col parassita. Si osservano leucocitosi e transaminasi elevate. In particolare attraverso la rachicentesi è possibile isolare il tripanosoma. In fase cronica, essendo la parassitemia bassa, vengono usati metodi immunologici quali la xenodiagnosi (cimici non infette vengono nutrite col sangue di individuo sospetto per infezione, e poi si cerca il parassita nelle feci delle stesse) , l’emocoltura su terreno specifico (LIT , liver infusion tryptose), il test ELISA (che però può dare falsi positivi per malaria, sifilide e leishmaniosi), la PCR. Una volta confermata la diagnosi attraverso una radiografia è possibile osservare cardiomegalia o, se la patologia interessa l’esofago, formazioni tubulari vicino all’aorta toracica, con livelli idroaerei.


Terapia

Non esiste uno specifico trattamento terapeutico, ed in fase acuta si utilizzano gli stessi farmaci impiegati nelle tripanosomiosi africane, cioè nitrofurani e derivati chinolonici per controllare i tripanosomi nel sangue. Per le forme endocellulari di T. cruzi vengono impiegati farmaci altamente tossici, quali nifurtimox (agisce sul metabolismo glucidico del parassita impedendo la formazione di acido piruvico; però si è rivelato poco efficace in alcune forme di infezione in Brasile) e benznidazolo (agisce sui tripanosomi circolanti e su quelli endocellulari). Gli antifungini si sono rivelati utili nel trattamento delle riacutizzazioni in soggetti immunodepressi.


Prevenzione

In aree endemiche è opportuno non soggiornare in strutture poco igieniche. Avere l’accortezza di allontanare letti e divani dalle pareti e utilizzare zanzariere. Gli ambienti infestati vanno trattati con permetrina, tetrametrina, alfametrina.