Attenzione: le informazioni ed i consigli riportati in questa sezione hanno carattere puramente divulgativo e non sostituiscono la consulenza medica.
FAMIGLIA MELOIDAE
Gli appartenenti a questa famiglia sono fitofagi terrestri. Gli adulti presentano colorazione metallica verde o blu con riflessi dorati, oppure colore di fondo nero con macchie gialle/rosse. In linea generale le elitre coprono tutto l’addome e le dimensioni vanno dai 3 mm ai 6 cm (nelle zone tropicali). La specie più nota in Europa meridionale (al nord è più rara sebbene presente, mentre è assente nella Russia del nord e del Caucaso) è Lytta vesicatoria. L’adulto, lungo circa 15-20 mm e largo meno di 1 cm presenta colorazione verde con riflessi dorati e tarsi scuri, corpo cuoriforme e antenne moniliformi con antennomeri lievemente ingrossati all’estremità distale. In Italia è distribuito in vari ambienti, con predilizione per quelli collinari. L’adulto vive prevalentemente su alberi di frassino, pioppo, olmo, noce e anche rose e begonie. Si nutre delle foglie della pianta che viene defogliata partendo dai rami più alti. In linea di massima gli adulti compaiono tra aprile e giugno inoltrato, e sono attivi nella parte più calda della giornata. Le femmine depongono le uova nel terreno in “tane” profonde pochi centimetri; le larve al primo stadio, dette “triungulini” quasi subito si muovono nel terreno alla ricerca di nidi di imenotteri di cui predano le riserve e parassitano le larve presenti. Al compimento della muta, con la trasformazione in larva al secondo stadio, si approfondano nel terreno trasformandosi in “ipnoteca”, una forma atta a superare la stagione fredda. L’importanza medica di questa specie è dovuta al fatto che in seguito a manipolazione o schiacciamento, che causano automenorrea difensiva, rilascia una sostanza tossica detta cantaridina, dal caratteristico odore acre. Si tratta di un sesquiterpenoide che inibisce la fosfatasi proteica, un enzima che gioca un ruolo importante nel metabolismo del glicogeno. In passato la cantaridina rientrava nella farmacopea ufficiale per il trattamento della calvizie, e veniva anche impiegato come antinevralgico ed antirabbico, ma a causa dell’elevata tossicità è stata sostituita da altre sostanze. Ad oggi comunque non è più legalmente disponibile in commercio, ma talvolta può essere presente in preparati afrodisiaci (non autorizzati) e ciò può essere causa di importanti disturbi dovuti all’ingestione della stessa.
Sintomi
A contatto con la pelle si avverte immediato bruciore, segni di infiammazione e dopo un po’ (15-20 minuti ma anche 1h) si osserva lo sviluppo di vescicole, eczemi, ulcerazioni e, in casi trascurati, gangrena. In caso di ingestione si può avere bruciore del cavo orale, possibile edema della glottide, ulcerazioni esofagee, stomatiti, nausea, vomito, contrazioni tonico-cloniche, gastroenteriti, crampi addominali, glomerulonefriti, priapismo, spermatorrea, febbre. Si può arrivare a sviluppare grave insufficienza renale fino al decesso. Documentata anche l’insorgenza di ninfomania.
Diagnosi
Si basa su:
- racconto di immediata comparsa di vescicole a seguito del contatto con insetto
- osservazione dell’assenza di simmetria dei segni cutanei
- esame delle vescicole, che possono presentarsi di piccole dimensioni e raggruppate, ovvero più grandi se isolate. Sono raccolte bollose intraepidermiche
Trattamento
Lavare la zona con acqua fisiologica o con acqua e bicarbonato per eliminare la cantaridina ancora presente. Poichè è solubile nei grassi e in diversi solventi, non vanno impiegati etere, oli, alcool etilico che faciliterebbero l’assorbimento della tossina. Disinfettare la zona con disinfettante a base di sali quaternari di ammonio. Non forare le vescicole. Se le vescicole sono forate vanno trattate con copertura antibiotica (per via orale se la sintomatologia non è solo locale) in modo da evitare sovrainfezioni; coprendo poi la zona con medicazione sterile. In caso di contatto con gli occhi si possono avere lesioni della cornea e cecità temporanea (ma talvolta anche irreversibile): effettuare immediatamente lavaggio forzato a palpebra aperta con acqua e poi inviare il soggetto in pronto soccorso oculistico. In caso di ingestione vanno monitorati i valori epatici e renali, e bisogna forzare la diuresi. E’ importante conoscere la quantità di sostanza ingerita e quando è avvenuta l’assunzione. Contattare il centro antiveleni e denunciare (obbligatorio) all’autorità giudiziaria il fornitore.